giovedì 1 febbraio 2018

ADOLESCENTI


ADOLESCENZA: AMORE, AMICIZIA, ESCLUSIONE, SOCIAL

« Su una parete ho messo un grande specchio. Non puoi pianificarti la vita se non vedi bene come appari agli occhi degli altri. Perchè l'apparenza è tutto, poche balle: la gente ti guarda e in un secondo si è già fatta un'idea di te, che non la scardini neanche a morire! »


Fra me e te nasce come romanzo auto pubblicato e finisce per essere recensito ottimamente da molti lettori fino ad arrivare nelle mani di una editor di Rizzoli e, da lì, alla pubblicazione a marzo per la grande casa editrice. Questo è un romanzo vivo, una storia semplice, ma che coinvolge spingendoti ad arrivare bramosamente all’ultimo capitolo.  Diversi, e di forte impatto sono gli argomenti in cui il lettore, ragazzo o adulto si ferma a riflettere nel viaggio tra le righe scritte da un giovane romanziere che con il suo romanzo di debutto ci spinge a osservare anche la società sempre più caotica e frenetica di stimoli in cui viviamo. Insomma, quasi un romanzo di formazione bello, sotto tutti gli aspetti.
 


Un racconto a due voci, quelle di un ragazzo, Edo arrabbiato, fragile, disgustato un po' da tutto. Detesta i suoi professori – Voldemort, la Frigida, il Cetaceo. Non ha veri amici. Odia Cordaro, la sua città perché è caotica e sporca, ma soprattutto perché è piena di stranieri. E lui gli stranieri non li può vedere, in particolare i cinesi.  Finché non incontra Yong. E la storia allora intreccia anche la figura di una ragazza la cui personalità è in contrasto con tutto ciò che orami è realtà dove l’apparenza e il compiacimento altrui alimenta il quotidiano. Chiara è una brava ragazza, fa volontariato, ha voti altissimi a scuola. Tiene un diario intitolato “Memorie di un bruco sognatore”. Per gli adulti è una da additare come esempio, per i suoi compagni è troppo seria. Finché non scopre Facebook



Una storia bella che fa emozionare, ricordare, sognare. Un racconto che traccia un’immagine profondamente attuale della vita parallela che i social network creano. Una piacevole narrazione che attraverso sequenze riflessive e descrittive scatta una fotografia della scuola, dei genitori assorbiti in pieno da questi giovani. Ma anche la forza dei codardi  e il coraggio dei deboli viene messo efficacemente in risalto.
Una storia che si snoda tra i vicoli stretti, piacevoli, malinconici ed eccitanti dell’amore, quel sentimento che affascina e spaventa gli adolescenti come Edo, che li coinvolge ma li rende vulnerabili, che li fa sentire importanti ma anche timorosi di perdere le amicizie del gruppo.





Il valore dell’amicizia, un altro messaggio della storia, la linfa che nutre le giornate dei ragazzi, quella relazione di affetto reciproco e costante scandita dalle continue vibrazioni che richiamano alla chat sullo smartphone e che li fa sussultare, mentre la penna scorre magistralmente sul foglio del quaderno e le note del gruppo del momento vibrano sulle cuffiette “ficcate” nelle orecchie.
Generazione del “…posso fare, so fare più cose insieme”!
….Siamo in chat, mi hanno  messo in una storia di instagram, ti taggo, mi seguono, l’equivalente di.. ne parliamo in piazza, mi piaci….



Poi c’è il pregiudizio, altro tema forte e importante, il danno di un’opinione preconcetta che spesso fa assumere atteggiamenti ingiusti, giudizi taglienti verso chi non è come loro, che minano i loro rapporti con l’altro, con chi non entra nelle chat ma comunica alla vecchia maniera, chi impiega il tempo a fare del bene, chi è affascinato dalla scuola.


Sono questi i passaggi che il giovane autore affronta nella sua storia,  quasi un’esperienza di formazione che trascina il lettore fino all’ultima pagina con continui colpi di scena.
Leggere di adolescenza attraverso la lettura delicata di una storia attuale,  è utile a tutti, a chi adolescente non è più e al tredicenne che attraversa la difficile tempesta.



Dietro tutto il rumore che facciamo c’è sempre la stessa domanda: chi sono io? E ci tormenta non avere una risposta; e allora l’unica fuga è stare nel branco giusto, con tipi come te.”

 


Uno stralcio che mi ha fatto pensare, riflettere anche sulla solitudine che i ragazzi spesso “sopportano” pur essendo immersi in un caos di stimoli, musiche, contatti, amicizie, virtualità …onnipotenza!
Così ho riascoltato con piacere un’intervista di Umberto Galimberti filosofo, sociologo, psicoanalista e accademico italiano, giornalista de La Repubblica, che  riprende principalmente la psicoanalisi di Sigmund Freud  e di Jung sostenendo che i  ragazzi non dispongono di una razionalità completa. Secondo le neuroscienze, i lobi frontali della razionalità, raggiungono la maturazione intorno ai 20 anni e allora, gli adolescenti che cominciano le loro esperienze intorno ai 12/13 anni sono costretti a cambiare la loro visione del mondo senza l’aiuto del principio della razionalità. Questo è quindi un momento davvero delicato in cui la scuola ha un ruolo significativo e la citazione di  Froid


… LA SCUOLA NON DEVE ESSERE UNA PROVA DELLA VITA, MA UN GIOCO DI VITA….

 è sempre attuale perché le esperienze dei ragazzi sono interrotte e discontinue in quanto stanno sperimentando le modalità per diventare adulti. Penso che sia importante che la scuola non si fermi solo a istruire e trasmettere saperi, poiché  si impara quando si è affascinati , si apprende quando si è catturati dall’interesse e dalla propria dimensione emotiva.
  


..” Non si entra nel sapere per via intellettuale, ma per amore”

Paolo di Tarso





Educarli ad avere delle emozioni, a provare dei sentimenti, a gestire la rabbia, a definire la   paura come uno stato emotivo di apprensione per una situazione che si può affrontare e superare e non come la fine di tutto, è nostra responsabilità. A vivere la gioia con trasporto, il  dolore come sensazione penosa, motivo di sofferenza, ma  che rende comunque più forti. A percepire la malinconia come uno stato dell’anima che rende inquieti e delusi, ma è comunque  transitoria, muta con il sopraggiungere di un evento anche banale.
 Anche il disgusto acuto e persistente è un’avversione che i ragazzi provano spesso non riconoscendola come emozione da controllare, capace di creare malumori e risentimenti non sempre motivati.
Quindi è  responsabilità della scuola guidarli a vivere con serenità le loro fragilità, a gestire le tempeste che arrivano improvvise, aiutarli ad avere  fiducia in chi crede in loro, in chi vede in loro il futuro, fatto di passioni, di sapere, di intelletto e di fisicità che è solo LORO ma che noi dobbiamo indirizzare attraverso l’esempio, l’autorevolezza e anche l’autorità!